Testimonianze - Parte terza

 

Molte volte mi sono rivolta a Padre Gabriele per me e per i miei familiari; Lui ha pregato per noi risolvendo tante questioni, addirittura prevedendo ed allontanando pericoli immediati con il suo intervento.

In particolare ricordo il giorno in cui mi trovai con tutta la mia famiglia all’aeroporto di Fiumicino, durante la strage del 27 dicembre 1985 avvenuta presso gli sportelli della compagnia aerea israeliana; in quei terribili momenti l’ho invocato.

Per un vero miracolo ci salvammo tutti, con i ba­gagli crivellati dai proiettili, ma sani e salvi.

Padre Gariele aveva una capacità di natura “superiore” di aiu­tare il prossimo, di conoscerlo con delle facoltà eccezionali.

Molte mie amiche a Lui rivoltesi hanno avuto l’aiu­to sperato. In Lui c’erano forza, calma, spirituali­tà e fede, ma ad un livello decisamente più elevato del nostro. Ricordo tante parole, tante storie udite nella sua anticamera: storie cariche di ammirazione (i suoi fedeli erano sempre più numerosi), tutte storie a lieto fi­ne grazie al suo “miracoloso” intervento.

Anche ora che non c’è più so bene che ci è vicino e che - co­me sempre - ci accompagna sulla via del bene.

Bruna Brozzi – Roma

 

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Conobbi Padre Gabriele per combinazione allor­ché ricevetti presso la scuola materna di Sclavons una sua lettera con la “Preghiera dell'impaziente”. Questa preghiera la trovai adatta alle sofferenze morali che attraversavo e decisi di scrivergli. Cominciai così una corrispondenza molto fre­quente e siccome mi interessavo degli ammalati, almeno due volte per settimana lo chiamavo per telefono.

Durante dieci anni per tante volte ebbi quindi la grazia di parlare con Lui in persona e devo atte­stare che fu per me un padre affettuoso, amoroso, comprensivo in tutte le mie necessità.

Quattro giorni prima che il Signore lo chiamasse in Cielo, gli telefonai e fra le diverse cose ricordo che aggiunsi queste parole: "Padre non ne posso più". Lui mi rispose: "Lo so, lo so, per te prego, stai contenta". Questo fu per me il suo ultimo saluto. Oltre a questo posso affermare che qui a Sclavons dove risiedo, abbiamo ricevuto attraverso Lui tante grazie e favori.

Ne ricordo alcune.

Per l'infezione dovuta ad una iniezione, dopo tre mesi di medicazioni all'ospedale di Pordenone, dovevo per la seconda volta farmi ricoverare; chia­mai il Padre, raccomandandomi a Lui dicendo: "Come farò, la nostra comunità consiste in un distaccamento e siamo solo due suore con novanta bambini, la mia consorella è all'oscuro, però que­sta sera ho l'ordine di ricoverarmi". Lui mi rispose: "Ci penso io", ed in realtà non fui ricove­rata.

Dopo due anni mi accorsi di essere colpita da un disturbo abbastanza grave; chiamai il Padre e Lui mi rispose: "Ciò che pensi è realtà figlia"; stetti in silenzio a queste parole e Lui aggiunse: "Non pen­sarci, ci ho pensato io" e difatti il disturbo sparì. Raccontando questo ai miei superiori ebbi il per­messo per la prima volta di poterlo vedere e parlar­gli.

Quello stesso anno una mia cugina mi pregò di aiutare una signora di 45 anni colpita al viso da un tumore, tanto che dopo diverse cure i professori di Pordenone la mandarono ad Udine perché grave. Mi rivolsi allora nuovamente al Padre perché afflitta dalla sofferenza dei familiari e Lui mi rispose: "Perché ti affanni, cosa credi che sia, io la seguirò a Udine". Questa signora ha avuto la grazia di guarire e tuttora sta bene.

I parenti di una signora che abita a Loreto e il cui marito era sotto le armi come aviere, mi riferirono che era gravissima e che doveva dare alla luce un bambino, ma che era impossibile salvarla. Mi rivolsi a Padre Gabriele e dopo un mese venni a sapere che la signora stava bene ed aveva avuto un bimbo.

Sette-otto anni fa, due giovani sposi, genitori di tre figli, da un mese non sapevano più dove si trovava la figlia di 17 anni; non sapevano se era stata rapita, né altro pur avendo fatto mille ricerche tramite carabinieri e polizia. Una comune conoscente mi chiese di aiutare questi genitori. Mi rivolsi al Padre e Lui per filo e per segno mi disse: "La figlia ritor­nerà a casa, ma per ora si trova avvolta in un grovi­glio; ritornerà con un figlio" e anche questo corri­spose a verità.

 

Il ricordo di Padre Gabriele è vivo e sentito nel cuore di tutti coloro che l'hanno conosciuto ed amato.

Sono già passati cinque anni dall'ultimo incontro che ho avuto con Padre Gabriele a Roma e arrivata lì sentendo il Padre con un po' di tosse mi avvicinai e gli dissi: "Padre non ho niente, accetti queste pastiglie Valda benedette dalla tomba di Padre Pio"; Lui mi guardò e aggiunse: "Adelaide, Ade­laide, quanto sei generosa!".

Le sue parole erano sempre avvolte di un calore paterno; ad ogni suo scritto e ad ogni suo saluto aggiungeva: “Figliola mia, abbi fiducia nella Madonna ed io ti benedico per la tua genero­sità”.

Suor Adelaide Sfreddo – Sclavons Cordenons (Pordenone)

 

° ° °

 

Sono una figlia spirituale di Padre Gabriele Ma­ria Berardi dei Servi di Maria. Ho avuto la grazia di incontrarlo dieci anni fa nella chiesa dei SS. Sette Fondatori in Roma, dove, dopo avermi dato del­le benedizioni mi disse: "Figlia, va, prega e fa pregare".

Devo dire di aver incontrato veramente un uomo di Dio.

Dopo averlo visto per due volte a Roma, non mi è stato più possibile incontrarlo ancora, ma mi sono te­nuta sempre con Lui in corrispondenza per iscritto e tele­fonicamente; lo sentivo ugualmente vicino.

Un giorno gli telefonai per un consiglio e per la guida spirituale; gli dissi: "Padre vorrei tanto ri­tornare da lei, ma non mi è possibile". Mi rispo­se: "Povera figlia mia, coraggio, io ti ho sempre aiu­tata, va avanti".

Poi gli scrissi una lettera, chie­dendogli sempre preghiere e benedizioni per i tanti ostacoli incontrati in parrocchia.

Subito mi rispose dicendomi: "Figlia, il diavolo di­sturba tutte le imprese di bene. Sii ferma nella fe­de, e nel portare avanti la tua impresa di bene e di preghiera, poiché solo così potrai trionfare su tutti gli ostacoli".

Nei primi giorni del mese di novembre successivo, mio genero Daniele incominciò a stare male e ad avere febbre. Chiamai subito Padre Gabrie­le per telefono che mi rispose dicendomi di farlo vi­sitare dal medico. La diagnosi fu preoccupante: una infezione che poteva provocare esaurimento o tumore, e così fu ricoverato immediatamente all’ospedale.

La sera del 20 novembre 1984 alle 18,10 circa, men­tre stavo pregando nel retrobottega, ho avuto il privilegio di vedere entrare nel mio negozio, sito in Via Nazionale 37 a Susegana (Treviso), un prete vestito un po' maluccio, vecchio e pieno di rughe, in povertà. Teneva fra le mani un libro di preghiera e chiede­va elemosina.

In quel momento ho fatto un grande sospiro e gli sono andata incontro e l’ho salutato. La voce tre­mante e forte di quel sacerdote mi assicurò che era Padre Gabriele!

Gli chiesi subito una preghie­ra per mio genero, lui mi fece cenno con la bocca senza parlare. Da quel gesto capii che dovevo for­se pregare di più il Signore.

Padre Gabriele guardò il negozio, mi sorrise, mi salutò e se ne andò.

Subito sono corsa fuori chiedendo ad altre perso­ne se era passato un sacerdote che chiedeva la ca­rità; mi risposero affermativamente.

Il mattino 21 novembre, giorno della Madonna del­la Salute, ricevetti una telefonata da mia figlia Giu­seppina, che mi diceva che Daniele era guarito. Do­po tre giorni venni a sapere che Padre Gabriele ci aveva lasciato andando alla casa del Padre.

Lasciandomi come eredità quel sorriso che mi ha indirizzato uscendo dal negozio.

Grazie Padre Gabriele, dal Cielo sorridi; proteg­gici, intercedi per tutti noi presso la SS. Trinità.

Rosa Zanchetta Modolo - Susegana (Treviso)

 

° ° °

 

Tutto cominciò nell’aprile 1965.

Attraversavo un periodo particolarmente diffici­le: la morte di mio padre avvenuta ad appena dieci mesi di distanza da quella di mia madre, un accentuato esaurimento nervoso e infine un clima poco propizio nel­l’ambiente di lavoro erano all’origine di uno sta­to d’animo depresso e sfiduciato.

Avevo bisogno di comprensione e di conforto.

Un amico mi par­lò di Padre Gabriele. Ci andai, mi confessai da Lui parlandogli nel famoso sgabuzzino annesso alla sa­crestìa, dove riceveva.

Iniziò, da allora, il mio lungo rapporto di amici­zia con Padre Gabriele; rapporto fatto di confiden­za, di consiglio, di incontri, di telefonate.

Tanti sono gli episodi di cui sono stato testimo­ne in questo non breve lasso di tempo che, per ricordarli tutti, ci vorrebbe ben altro che una sempli­ce pagina di periodico! Mi limiterò quindi ad alcuni ricordi, presi qua e là, qua­si a caso. Solo ed unicamente dei “flash”.

Quante volte, per telefono, ho chiesto: “Padre, avrei bisogno di parlarle un po' a lungo”; oppure: “Vorrei portarle una persona; posso venire a Via Rovigo?”. La risposta immancabilmente era: “Va bene; mi raccomando, però, vieni presto, entro le 7 o 7,30” (del mattino).

 

Che meraviglia quei col­loqui! Quale piacere parlare con il Padre! Quante persone gli ho portato in 21 anni, quanti casi di bisogno, specie spirituale: professori, medici, ma­gistrati, avvocati, impiegati, operai, gente mode­sta! Il Padre accoglieva tutti con amore; per tutti aveva consigli e parole di incoraggiamento.

Usci­vano consolati e pronti ad affrontare di nuovo, con coraggio, i problemi della vita.

Padre, un paren­te... dovrà operarsi al cuore a Milano; i medici gli hanno assicurato che, dopo l’intervento, tornerà pressoché normale”.

I medici non hanno capito niente!”, rispose, “Pregherò per lui”. Il paziente, a pochi gior­ni dall’operazione che sembrava riuscitissima, morì.

Padre, nel mio ente una commissione ha deciso di ristrutturare gli uffici in cui io lavoro, in modo tale che mi vedrò costretto a cercare un’altra col­locazione”.

Non ti preoccupare! Non si metteran­no d’accordo ed archivieranno il progetto”. Il pro­getto venne infatti, archiviato, per insanabile di­saccordo tra i consiglieri di amministrazione.

Padre”, chiese mia suocera trepidante, “a mio figlio è stata scoperta dal radiologo una macchia nera sul polmone, la quale, tra l’altro, dà pure do­lore. I medici parlano di praticargli la biopsìa. Che fare?”.

Non lo fare stuzzicare. È una cisti che si riassorbe!”.

Dopo un mese, eseguito un altro esame radiografi­co, risultò che la macchia era del tutto sparita.

Quante volte, tornando a casa dal lavoro o da fuori Roma, mi sono sentito dire dai familiari: “Ha te­lefonato Padre Gabriele; ti prega di chiamarlo”. Io gli telefonavo subito ed era sempre per un inte­ressamento per qualcuno che Egli mi mandava e/o di cui mi dettava il numero telefonico e l’indiriz­zo, raccomandandomi il caso.

Di quanti altri fatti analoghi potrei scrivere! Rischierei, come minimo, di essere monotono e ripe­titivo.

Anche quando ero in ferie, durante l’estate, tele­fonavo a Padre Gabriele da ogni parte d’Italia o dall’estero, esponendogli problemi, a volte anche di carattere economico, per sentire il suo consi­glio.

Lo trovavo immancabilmente al posto di lavoro, in Via Rovigo, anche il giorno di Ferragosto, sem­pre pronto ad illuminare con il suo parere e la pro­messa della sua preghiera.

Padre, ma quando si deciderà a prendere, alme­no d’estate, qualche giorno di riposo?”.

Mi ripo­serò in Paradiso!”.

Questi era Padre Gabriele: un insostituibile punto di riferimento, a cui rivolgersi, specie nei momenti difficili della vita, in ogni oc­casione importante, in ogni evento, come quel­lo di una grave malattia, carico di incognite! Si era sicuri di trovare in Lui aiuto, conforto, inco­raggiamento, serenità.

Subito dopo la sua morte, mi sono, come altri, scoperto orfano ed ho provato la spiacevole sen­sazione di essere disancorato, lasciato in balìa de­gli eventi e di me stesso!

Dopo poco però, questa situazione così disage­vole, è, grazie a Dio, completamente mutata: ho avvertito di nuovo, accanto a me, la presenza di Padre Gabriele, come tutti coloro che hanno fat­to della carità la ragion d’esser della propria vi­ta. “Pareit ac tuetur”, va avanti e protegge, oggi più di quando era in vita.

Dal Cielo, ove la carità si perfeziona, Egli è nostra Guida sicura e nostro luminoso Esempio di pre­ghiera e di carità: le due colonne portanti della ve­ra vita cristiana.

Noi suoi figli spirituali, dobbiamo sforzarci di se­guire le sue orme e di praticare l’insegnamento per il quale Egli ha speso tutta la sua vita: pre­ghiera e carità!

Talora, a distanza di due anni dal suo tra­passo, mi pare ancora di sentire la sua voce, si­cura ed inconfondibile: “Su, coraggio! Pregherò, ti aiuterò!”.

Mi sorprendo spesso a pensare a Padre Gabriele, a riflettere sui suoi preziosi insegnamenti, a me­ditare su quella che costituisce la caratteristica saliente di tutta la sua vita di Uomo di Dio: l’e­sercizio continuo ed incessante della carità verso i fratelli e della preghiera fervente e generosa al Signore per tutti i bisogni di coloro che a Lui fa­cevano ricorso.

La sua preoccupazione costante era una sola: de­dicare a Dio ed al prossimo ogni istante della sua vita, senza indulgere a soste o pause, pur legit­time, nel corso della giornata, per riposarsi a ritemprare le forze.

Padre Gabriele occupava ogni spazio di tempo, anche minimo, nell’attuazione del precetto fondamentale del Cristianesimo: amore di Dio e del prossimo.

Già: il tempo! È un dono preziosissimo di Dio che noi spesso non apprezziamo, ma che talora, addirit­tura, disprezziamo!

Senza rendercene bene conto, ripetiamo meccani­camente le locuzioni ricorrenti nel linguaggio di tut­ti i giorni in ordine al tempo, “passare il tempo”, “perdere il tempo”, “ingannare il tempo”!

Pronunciamo simili frasi più sovente di quel che possa sembrare, con il proposito, a volte inconscio, di scacciare il tempo, certo tempo, perché lo iden­tifichiamo con qualcosa di molesto che non vedia­mo l’ora di dimenticare. Per converso, in altri mo­menti, mettiamo in evidenza i meriti che attri­buiamo al tempo, avvalendoci di un'altra fraseologia di uso comune come: “Il tempo è denaro”, “Il tempo è galantuomo”, “Il tempo è un gran dot­tore” e via dicendo.

In definitiva, comunque lo si consideri, con un me­tro puramente umano (per lenire gli affanni, per conseguire traguardi di carriera, di ricchezza od altro) oppure come dono prezioso finalizzato alla vita ultraterrena, il tempo condiziona tutta la no­stra esistenza e rappresenta un elemento da cui non si può prescindere agli effetti del raggiungi­mento di mete sia umane che escatologiche.

Il cristiano sa bene valutare il dono inestimabile che Dio gli ha elargito e gli elargisce ogni giorno, senza alcun merito specifico. Don Bosco, per ci­tare qualche esempio in proposito, esortava i suoi giovani a spendere bene il tempo, non stando mai in ozio ed aggiungeva che “il Paradiso non è fatto per i poltroni!”.

Padre Pio da Pietrelcina passava sino a 14 ore al giorno al confessionale e utilizzava le ore restan­ti per assumere un po' di cibo, per riposare, per celebrare la S. Messa (circa due ore!) e per recitare - dicono - ben 33 Rosari (interi!).

Padre Felice Cappello - gesuita morto in concetto di santità nel 1962 - denominato, per la ua co­stante presenza al confessionale, “il Confessore di Roma” - a detta dei biografi - riposava di notte sempre su di una poltrona (lasciando il letto intatto) e, richiesto spesso la sera da sommi perso­naggi della Curia romana di suoi autorevoli pa­reri in tema di diritto e/o di morale, presentava questi ultimi la mattina seguente per iscritto, ver­gati su numerosi fogli di quaderno, con la sua ti­pica grafìa, minuta e chiarissima.

Padre Gabriele non si comportava diversamente: tutti i giorni, dalle ore antelucane al tramonto, era in Via Rovigo o in Parrocchia, a disposizione dei poveri, dei penitenti, del prossimo in genere biso­gnoso di aiuto materiale e/o spirituale; poi dal tramon­to all’alba sostava sul “Monte dell’Orazione” a pregare.

Mi ha raccontato una suora che il Padre, quando si recava da una sua consorella gravemente am­malata che ne desiderava la benedizione, si pre­sentava la mattina, verso le cinque, provenien­te dal “Monte dell’Orazione” e diretto a Via Rovigo.

In questi spostamenti, Padre Gabriele, negli ulti­mi anni, si faceva accompagnare in macchina. Egli stesso un giorno mi ha confidato che, quando gui­dava personalmente, era un conducente... un po' spericolato e correva forse troppo, ovviamente non per esibizionismo o per ostentare bravura e sicu­rezza di sé, ma... solo perché desiderava guadagna­re tempo.

Quella di utilizzare bene il tempo è sta­ta la sua costante preoccupazione.

Padre - l’ho pregato un giorno - vorrei chieder­le un grande regalo, ma non oso! Vorrei che Lei venisse a benedire casa mia e celebrarvi la S. Messa”.

Ed Egli, senza esitazione: “Non è proprio pos­sibile, per gli impegni cui devo attendere. Ci sono preti che non hanno niente da fare: rivolgiti ad uno di loro!”.

Meditando su questi ed altri episodi, non posso fa­re a meno di trarre per me una conseguenza logi­ca: quanto tempo ho sprecato e spreco tuttora nel­lamia vita! Quante occasioni ho tralasciato di ren­dermi utile ai fratelli.

Non mi rimane che cercare di attuare il proposi­to di rimediare per l’avvenire, affidando il passa­to alla Misericordia di Dio!

Nello Ciota – Roma

 

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